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Il carassio è uno stretto parente della carpa, cui somiglia molto con la quale spesso viene confuso. La differenza tra le due specie sono però abbastanza evidenti; il carassio ha labbra del tutto prive di barbigli e le stesse labbra sono più sottili di quelle della carpa. Il corpo è più arcuato e tozzo, con la pinna dorsale più corta di quella dell'altro ciprinide. L'occhio è abbastanza grande, mentre la bocca è piccola, dotata di quattro denti faringei. La disposizione e la forma delle altre pinne e della coda, inserita nel robusto peduncolo, sono simili a quelli della carpa. Il corpo del carassio è rivestito di grosse squame cicloidi. La livrea è brunastra o verdastra, comunque scura superiormente, ma digradante nel giallastro sui fianchi, per schiarire ancor di più fino sul ventre argenteo. Una macchia scura è spesso presente alla base della coda, mentre molto evidente è la linea laterale. Le pinne sono grigie, salvo quella anale e le ventrali che sono rossastre.

NOME LATINO: Carassius carassius (Linnaeus 1758)
FAMIGLIA: Cyprinidae
ORDINE: Cypriniformes
NOME INGLESE: Crucian carp
NOMI DIALETTALI: Goba (Romagna)

MORFOLOGIA: profilo dorsale e ventrale piuttosto convessi, compresso lateralmente; testa relativamente piccola; bocca piccola in posizione terminale; grosse squame tondeggianti; colorazione bruno scura con riflessi ramati sul ventre.
TAGLIA: supera raramente i 20-25 cm, può raggiungere 40-50 cm.
DISTRIBUZIONE: pianura padano-veneta (assai scarso).
HABITAT: lanche di fiumi, piccoli ambienti con acque stagnanti molto produttive, nelle zone poco profonde anche di grandi laghi, comunque in zone ricche di vegetazione con fondo melmoso.
ALIMENTAZIONE: invertebrati di fondo, larve di insetti e, scarsamente, vegetali.
RIPRODUZIONE: la deposizione avviene in acque basse con vegetazione tra Maggio e Giugno, in tre momenti successivi; la temperatura ottimale è attorno ai 20 °C; le uova misurano 1,5 mm, sono rosate e molto appiccicose, così da aderire alle foglie ed agli steli delle piante; le giovani larve misurano circa 5 mm, posseggono un organo adesivo posto tra gli occhi con il quale rimangono fissati alle piante fino al completo riassorbimento del sacco vitellino.
VAL. ECONOMICO: molto scarso.

La bottatrice ha aspetto sgradevole, paragonabile a quello di un gigantesco girino e vagamente simile a un pesce gatto. Il suo corpo è allungato, lievemente anguilliforme. A partire dalla grossa testa piatta, dove è quasi cilindrico e depresso, si va assottigliando verso la coda, diventando compresso. Piccoli dentini uncinati armano la bocca, che è di media grandezza e ha la mascella superiore più lunga di quella inferiore, al di sotto della quale pende un barbiglio. Gli occhi sono piccoli. Sul dorso vi sono due pinne: la prima è breve ed è subito seguito dalla seconda, lunghissima, che giunge fin quasi alla coda. Questa è ovale e di modesto sviluppo. La pinna anale è lunga quasi quanto la seconda dorsale. Modeste le pettorali e le ventrali, inserite presso la gola. Può raggiungere i 50 cm di lunghezza. La bottatrice è pesce di grandi profondità e di acque fredde e limpide, ma non correnti, perciò il suo ambiente preferito è quello dei grandi e medi laghi.

NOME LATINO: Lota lota (Linnaeus 1758)
FAMIGLIA: Gadidae
ORDINE: Gadiformes
NOME INGLESE: Burbot
NOMI DIALETTALI: Bottaris, Bottris, Butris, Trinzal, Stringa, Bosa

MORFOLOGIA: corpo allungato a sezione cilindrica nella porzione anteriore e compresso nella regione caudale; capo appiattito con bocca in posizione inferiore e mandibola munita di un barbiglio; doppia pinna dorsale, la seconda delle quali molto allungata, pinna anale anch'essa assai allungata; cute liscia e ricca di muco; colorazione bruno verdastra sul dorso con macchie più intensamente colorate anche sulle pinne, giallastra sul ventre.
TAGLIA: mediamente sui 40-50 cm, può raggiungere gli 80-100 cm.
DISTRIBUZIONE: nei laghi e nei fiumi dell'Italia settentrionale compresi tra il Fiume Toce ed il Lago di Garda (limite meridionale della distribuzione di questa specie). La sua presenza è stata rilevata anche a quote superiori a 1200 m, fino ad un massimo di 1900 m s.l.m.
HABITAT: predilige le acque fredde e profonde (fino a 200 m di profondità) dei soprattutto dei grandi laghi prealpini ed i fiumi con corrente non eccessivamente rapida.
ALIMENTAZIONE: si alimenta prevalentemente di notte con crostacei, molluschi, larve di insetti; soprattutto nello stadio adulto è predatore discretamente vorace di altri pesci e danneggia spesso il fregalo di altre specie.
RIPRODUZIONE: depone in inverno (tra Dicembre e Marzo) con temperatura dell'acqua assai bassa, in acque profonde e su fondo ghiaioso o sabbioso; le uova sono di piccole dimensioni (1 mm); con temperatura di 2 °C le uova impiegano un mese e mezzo per schiudersi; le larve misurano 3 mm e si disperdono nella massa d'acqua e spesso è possibile ritrovarle nelle acque superficiali. I giovani hanno colorazione nera e, ad un anno di età, misurano 10-15 cm di lunghezza; la maturità è raggiunta a 2-3 anni, raramente a 4.
VAL. ECONOMICO: modesto.
NOTE: questo Gadide è l'unico che risiede in acque dolci. Le sue carni richiedono una buona cottura per eliminare l'eventuale presenza di parassiti (Diphyllobothrium).

Il barbo canino somiglia molto al barbo comune, ma differisce da questi in alcune caratteristiche; Il primo raggio duro della pinna dorsale non è dentellato e i due barbigli posteriori sono più lunghi; le sue dimensioni sono ridotte e raggiungono al massimo 20 cm di lunghezza e 150 g di peso. Rivestito anch'esso di scaglie piccole, il barbo canino differisce da quello comune per la livrea, che è più scura, bruno rossastra o bruno giallastra sulle parti superiori, e per le macchie bronzee e alcune punteggiature sparse sulla testa e sui fianchi che ricordano l'aspetto della trota. Identica è la disposizione delle pinne.

NOME LATINO: Barbus meridionalis (Risso 1826)
FAMIGLIA: Cyprinidae
ORDINE: Cypriniformes
NOME INGLESE: (Barbel)
NOMI DIALETTALI: Molte variazioni dialettali

MORFOLOGIA: forma del corpo simile a quella del barbo comune; presenza di molte macchie scure, di forma irregolare, sui fianchi e sulle pinne; barbigli più corti di quelli del barbo comune.
TAGLIA: raramente supera i 20 cm.
DISTRIBUZIONE: acque dolci dell'Italia settentrionale e centrale.
HABITAT: acque correnti limpide, ma anche litorali lacustri; è più gregario del barbo comune e vive in banchi seppure di modeste dimensioni.
ALIMENTAZIONE: invertebrati di fondo e detrito vegetale.
RIPRODUZIONE: come per il barbo comune.
VAL. ECONOMICO: nessuno.

Il Barbo è uno dei pesci più noti delle nostre acque. il uso corpo è slanciato e muscoloso., col dorso lievemente appiattita. Il capo robusto termina con un muso prominente, caratterizzato da una bocca protrattile, adatta a frugare sotto i sassi. Il Barbo può raggiungere una lunghezza massima di 60 cm e il peso di 4 kg , ma in media nelle nostre acque gli esemplari non superano i 2 kg e i 40 cm di lunghezza. La caratteristica del barbo sono i suoi barbigli da cui prende il nome. Le mascelle sono prive di denti, che si trovano internamente in corrispondenza dell'ultimo arco branchiale. La colorazione è bruno verdastra sul dorso, con una punteggiatura nera più o meno evidente negli esemplari più giovani, il ventre bianco.

NOME LATINO: Barbus barbus plebejus (Valenciennes 1842)
FAMIGLIA: Cyprinidae
ORDINE: Cypriniformes
NOME INGLESE: Barbel
NOMI DIALETTALI: Molte variazioni dialettali

MORFOLOGIA: forma affusolata, profilo dorsale maggiormente convesso di quello ventrale; testa appuntita, rivolta verso il basso con bocca inferiore e labbra spesse, munite di quattro barbigli; colorazione verdastra sul dorso più o meno punteggiata di nero (soprattutto nei giovani), giallo dorata sui fianchi e biancastra sul ventre.
TAGLIA: mediamente sui 30 cm, può tuttavia eccezionalmente superare i 50-60 cm ed il peso di 4 kg.
DISTRIBUZIONE: nelle acque dolci di tutto il territorio italiano, escluse le isole.
HABITAT: acque correnti limpide non troppo fredde, con fondo ghiaioso o sassoso (corso medio dei fiumi, zona del barbo); vive anche nelle zone litorali dei laghi profondi; i giovani sono di carattere socievole e vivono in piccoli banchi, gli adulti sono per lo più solitari.
ALIMENTAZIONE: invertebrati di fondo, in prevalenza, occasionalmente anche detrito di fondo, materiale vegetale e piccoli pesci.
RIPRODUZIONE: le uova, non adesive, misurano circa 2 mm e vengono deposte in gran numero nel periodo di Maggio-Giugno tra le pietre o sulla sabbia dove rimangono fino alla schiusa (10-15 giorni). L'accrescimento è lento (ad un anno di età la lunghezza è di 8-9 cm) e la maturità è raggiunta al 4 o 5 anno di età.
VAL. ECONOMICO: scarso; è tuttavia oggetto di pesca sportiva e, localmente, anche con reti.

Ha l'aspetto di una biscia. Il suo corpo è allungato e cilindrico con la parte caudale che, a partire dall'apertura anale, è compressa lateralmente. La testa conica è piccola, con la bocca molto ampia e la mascella inferiore che sopravanza di poco quella superiore. Entrambe le mascelle sono armate di denti robusti. Gli occhi sono piccoli e rotondi e sul muso un po’ allungato si aprono quattro narici. L aperture branchiali sono modeste e abbastanza arretrate. Subito dietro questi opercoli si trovano le pinne pettorali. La pinna dorsale, molle e di altezza uniforme, parte poco dietro la testa e copre tutto il tronco, fasciando la coda e proseguendo al di sotto, fino all'apertura anale. I maschi delle anguille raggiungono i 50 cm di lunghezza, le femmine superano il metro di lunghezza e i cinque chilogrammi di peso. L'anguilla è ricoperta da una pelle robusta, ricca di ghiandole che secernano un caratteristico muco biancastro che la rende particolarmente viscida. tutta la superficie del corpo è ricoperta da piccole scaglie ovali che però appaiono solo negli individui che hanno superato il quarto o il quinto anno. La sua livrea è molto variabile e dipende dall'ambiente e dall'età. In generale, la parte superiore è nerastra, grigio verdastra o marrone cupo. Sotto la linea laterale è bianco giallastra. Una volta raggiunta la maturità sessuale, l'anguilla assume la cosiddetta "livrea di migrazione", mutando oltre che l'aspetto, anche di abitudini. Il suo dorso diventa nero, i fianchi e la pinna dorsale si fanno bronzati con sfumature purpuree. Il ventre assume colore argentato. In questa fase, le anguille sono chiamate "argentine" o "capitoni", nome quest'ultimo con il quale sono normalmente commercializzate.

NOME LATINO: Anguilla anguilla (Linnaeus 1758)
FAMIGLIA: Anguillidae
ORDINE: Anguilliformes
NOME INGLESE: Eel
NOMI DIALETTALI: Bisat (Ven.); Ancidda (Sicil.)

MORFOLOGIA: corpo molto allungato a sezione cilindrica anteriormente e compressa lateralmente nella regione della coda; colorazione molto scura sul dorso, giallastra o grigia sul ventre; pinna dorsale, caudale ed anale fuse in un'unica pinna; mancano le pinne ventrali; squame piccolissime e cute molto scivolosa per l'abbondanza di muco prodotto da apposite cellule cutanee.
TAGLIA: può raggiungere 150 cm di lunghezza.
DISTRIBUZIONE: nelle acque salmastre costiere ed in ogni tipo di acque interne.
HABITAT: specie a migrazione catadroma (dai fiumi scende al mare per riprodursi), predilige gli ambienti con fondali melmosi pur adattandosi a qualunque ambiente d'acqua dolce.
ALIMENTAZIONE: invertebrati acquatici, piccoli pesci ed uova di pesce in attesa di schiusa, rane, girini, vermi.
RIPRODUZIONE: la riproduzione avviene nell'Oceano Atlantico (Mar dei Sargassi). Le giovani larve (leptocefali) migrano verso le acque dolci delle coste europee nel corso dei primi tre anni di vita. Raggiungono le foci dei grandi fiumi quando, nel terzo anno, misurano circa 6-7 cm (ceche). Risalgono lungo i fiumi popolando le acque interne di ogni genere. Nelle acque dolci si accrescono fino al raggiungimento della maturità sessuale (8-10 anni), raggiunta la quale cessano di alimentarsi ed iniziano la migrazione inversa verso il mare. Gli adulti muoiono a riproduzione avvenuta.
VAL. ECONOMICO: notevole.

L'alborella è un pesciolino dalle piccole dimensioni. Ha corpo slanciato e compresso lateralmente. La testa è medio-piccola, lievemente appuntita e con il muso molto in alto. La bocca è dotata di denti minuscoli; la mascella inferiore e leggermente prominente rispetto alla superiore. gli occhi sono grandi. La pinna dorsale è inserita oltre la metà del corpo. Ancora più arretrata è la pinna anale. La coda, abbastanza sviluppata, è fortemente incisa. Raggiunge una lunghezza di 10-12 cm, ma vi sono esemplari più sviluppati che toccano i 15-18 cm. I record non superano comunque i 20 cm. Il corpo dell'agile alborella è rivestito di squame minute, quasi trasparenti e poco aderenti. Sul dorso i suoi colori tendono al grigio perlaceo con riflessi azzurri o verdi più o meno pronunciati. Lungo i fianchi corre una sottile striscia più scura, al di sotto della quale il grigio del dorso si fa più chiaro. Durante il periodo della produzione, le alborelle sessualmente mature assumono colori più vivaci, con sfumature giallo aranciate.

NOME LATINO: Alburnus alburnus alborella (De Filippi 1844)
FAMIGLIA: Cyprinidae
ORDINE: Cypriniformes
NOME INGLESE: Bleak
NOMI DIALETTALI: Arbureta, Pessina (Lomb.); Aola, Pesset, Ocet, Marcandola (Ven.); Zentilott (Trent.); Sarachein, Stregg (Emil.); Avola (Tosc.).

MORFOLOGIA: forma allungata e compressa lateralmente; colorazione verde con riflessi argentei; una fascia grigia longitudinale è più o meno distintamente visibile. La bocca è leggermente rivolta verso l'alto; le squame sono sottili e facilmente staccabili.
TAGLIA: può raggiungere i 15 cm.
DISTRIBUZIONE: nei corsi d'acqua e nei bacini lacustri di piccole e grandi dimensioni in tutto il territorio italiano; manca nelle isole.
HABITAT: nei grandi laghi subalpini vive in banchi, spesso di notevoli dimensioni, nelle acque superficiali pelagiche, migrando tuttavia anche nella zona litorale. Trascorre il periodo invernale a profondità maggiori rispetto a quelle scelte dagli altri ciprinidi. In ambienti lacustri di piccole dimensioni è ubiquitaria, mentre nei corsi d'acqua preferisce le zone di riva a bassa velocità di corrente.
ALIMENTAZIONE: zooplancton, larve di insetti, insetti adulti, detrito vegetale.
RIPRODUZIONE: depone a partire da Maggio in due o tre ondate successive su bassi fondali sabbiosi o ghiaiosi. Le uova sono piccole e deposte in numero anche superiore alle 250.000 per kg di peso. La schiusa avviene in 4-5 giorni alla temperatura di 20 °C.
VAL. ECONOMICO: buono, soprattutto nei grandi laghi dell'Italia settentrionale. È anche usato come esca viva nella pesca del persico, luccio, trota, ecc.
NOTE: Fino ad alcuni anni fa, dalle sue squame si estraevano i brillanti cristalli di guanina per la fabbricazione di una sostanza perlacea (essenza d'oriente), utilizzata per la fabbricazione delle perle artificiali.

Con questo nome francese viene indicata la larva di un insetto, appartenente all'ordine dei ditteri: il Chironomus Tentas.
Tale insetto depone le uova in filamenti gelatinosi e più femmine possono deporre nel solito luogo. Le larve sono di colore rosso o verdastro e sono appunto quelle che ci interessano per la pesca.
Dopo lo stadio di larva c'è quello di pupa, che si costruisce un abitacolo di seta ed altri materiali estranei; questi abitacoli possono essere fissi oppure mobili. I filamenti cui abbiamo fatto riferimento, costituisco i non meno famosi fouillis, cioè i grovigli di larve appena nate, usate per la composizione di pasture.
Di solito le larve si trovano negli stagni e nei laghetti, ma si trovano anche in canali e fiumi a lento corso.
Non certo in tutti però, e chi conosce i luoghi esatti si guarda bene dall'andare a raccontarlo! Assai più semplice dunque acquistarli in negozio.
Il ver de vase attira soprattutto pesci di piccole e medie dimensioni, come alborelle, triotti, lasche e scardole, che ne sono ghiottissimi.
Il suo colore rosso sanguigno è notevolmente attirante, e per tale motivo, viene impiegato nelle gare, in cui la cattura della minutaglia è molto importante.
Si pensi che il potere di attrazione di un bigattino, rispetto ad un ver de vase, è stato giudicato inferiore di circa dieci volte!
Teniamo comunque a ribadire che l'applicazione del ver de vase a tipi di pesca che non siano le gare non è consigliabile, sia per l'elevato costo dell'esca, sia per le quasi esclusive piccole catture.

Si trovano in commercio già confezionate e preparate per una lunga conservazione.
Hanno il brutto difetto di costar care, ma una confezione è sufficiente per più battute di pesca ed inoltre costituiscono per la trota un'esca a volte insostituibile!
Il momento proficuo per l'uso delle uova di salmone si ha in febbraio-marzo, cioè all'apertura della pesca al salmonide, e nel periodo immediatamente successivo.
Vanno bene in torrente e in lago, preferibilmente, per quanto riguarda il secondo, allo sbocco degli immissari.
Nei laghi le impiegheremo su lenza da fondo, mentre nei torrenti, su classica lenza da trota. Se ne innescano tre insieme su un amo n. 8-9, fine e di colore chiaro.
Il loro uso non è consigliabile con torrenti in piena e acque torbide.

Come il lombrico, la sanguisuga o mignatta appartiene al sottotipo degli anellidi, se ne distingue, però, per il colore nerastro, per la forma appiattita e per avere le due estremità munite di ventosa.
Nel mezzo della ventosa anteriore s' apre la bocca triangolare, armata di tre mascelle finemente seghettate, le quali servono per ferire e provocare l'uscita del sangue, che, pompato dalla faringe, viene ingerito.
La mignatta vive nelle acque stagnanti o a lento deflusso, standosene attaccata sotto le pietre, oppure a vecchi pezzi di plastica gettati nel fiume.
Anzi nei corsi d'acqua in cui è risaputa la presenza di questi anellidi, coloro che li ricercano per venderli o per pescarci, usano disseminare le zone di acqua bassa proprio con ritagli di cellofan, ben bloccati con dei sassi, dai quali periodicamente prelevano le sanguisughe.
Quindi chi volesse procurarsi quest'esca, senza acquistarla nei negozi saprebbe come fare!
La sanguisuga è un'esca tipicamente estiva, e con essa ci si rivolge più che altro ai cavedani. Anche i barbi gradiscono la sanguisuga, e le meno frequenti catture di questi pesci dipendono esclusivamente dal fatto che si è soliti a pescare a mezz'acqua.
Per le piccole dimensioni della sanguisuga, occorre un amo n. 14, fine, brunito.

Col sangue si pesca in inverno, quando il pesce è alla ricerca di cibi sostanziosi, che gli permettano di passare egregiamente la stagione fredda.
Superfluo dire che è un'esca da cavedano.
Non tutto il sangue va bene per la pesca; quello di agnello per esempio, come quello degli altri ovini, è da scartare perché si lavora male.
Il sangue di maiale andrebbe bene, ma costa caro. Il più adatto dunque risulta quello di vitello, che ci procureremo, accordandoci con qualche macellaio. Il sangue, una volta depositato in un recipiente, si accaglia e si separa dal siero.
Per la pesca naturalmente ci occorrono i cagli. Affinché il sangue tenga l'amo, è necessario che la parte coagulata venga fatta scolare ed asciugare su una fittissima
rete di settaccio, finche non si ottiene una materia abbastanza consistente e gommosa.
I cagli che offriremo al cavedano avranno le dimensioni di un'unghia del pollice e risulteranno molto attrattivi perché in acqua si disgregheranno pian piano.
Il sangue è un'esca molto fragile, che richiede lanci delicati, per l'innesco useremo ami semplici, n. 10, fini, oppure minuscole ancorette.
Si pastura durante la pesca con palle di sabbia mischiata al siero avanzato o ad altro sangue liquido.
In certe località questa esca è vietata, per cui, prima di portarsela sul fiume, sarà bene informarsi!