Vai al contenuto

Conosciuta col nome dialettale di gatoss o dormiente, questa larva si presenta come un grosso bruco, privo di zampe e di colore bruno.
Risulta un' esca formidabile specialmente in primavera e all'inizio dell'estate, ed è appetita da tutti i pesci di discrete dimensioni.
Nelle correnti dei fiumi è capace di dare ottimi risultati alla passata, con barbi e cavedani, mentre nei laghi, sempre con lenza munita di galleggiante, costituisce un boccone di prim' ordine per il persico reale.
Oltre che riuscire gradito al palato dei pesci, il gatoss deve gran parte della sua attrattiva, ai continui divincolamenti che esegue una volta messo all'amo!
I suoi convulsi movimenti perciò sono essenziali, e, al fine di non impedirglieli, occorre innescarlo con molta cura e appena in superficie.
Osservando la larva da vicino, si nota ad una estremità la piccolissima testa munita di tenagliette, dall'altra delle puntine carnose, seminascoste e poste in circolo, che formano una specie di crestina.
Per l'innesco, bisogna premerlo con le dita nella zona posteriore,in modo da far sporgere per intero la crestina e trafiggerla da parte a parte.
Non si può forarlo in nessun altro posto, altrimenti si svuota delle interiora e resta un involucro vuoto!
L'amo, che rimane tutto scoperto, deve essere piuttosto piccolo e di colore scuro: un n. 13, fine, a gambo corto andrà benissimo.
Detta esca si può reperire, negozi a parte, cercando sotto i sassi poco affondati del bagnasciuga dei torrenti collinari, con acque non inquinate.
Per la conservazione, va tenuta al fresco, in recipienti con terra umida e foglie d'insalata o borracina.

Il suo nomignolo più diffuso è verdina, ed è un'esca eccellente per la pesca a fondo del barbo. Il periodo migliore da usarla coincide col mese d'aprile, quando i barbi, lasciati i rifugi invernali, rientrano in corrente, apprestandosi alla frega.
Per la ricerca delle verdine occorre recarsi sugli stessi torrenti ove prosperano i gatoss, con la sola differenza che le prime sono reperibili anche a maggiore altitudine.
La verdina è una larva acquatica, come lo sono del resto tutte le larve di effimere, per cui la cercheremo sollevando i massi del fondo, cui sta aggrappata.
La riconosceremo facilmente da altri eventuali animaletti, perché, a differenza di tutti questi, si metterà a correre sulla pietra rivoltata, cercando di portarsi nella parte sottostante.
La sua forma inoltre è inconfondibile: triangolare, con la testa larga e addome appuntito, da cui si originano tre filamenti divergenti.
La larva si conserva in frigorifero, in scatole con trucioli di legno o borracina completamente asciutta.
Per la pesca del barbo, si innescano due larve, la prima delle quali infilzata totalmente per coprire il gambo dell'amo, la seconda invece trapassata leggermente sulla schiene, dall'addome verso la testa.
L'amo sarà del n. 12 a gambo lungo, scuro e forgiato.

Questo altro efemiride, noto come portasassi o portalegna, a seconda dell'involucro che si è fabbricato per trascorrere il periodo larvale, vive nel medesimo ambiente della verdina, e cercando le une, troveremo certamente anche le altre.
Mentre però le verdine si muovono liberamente i portasassi se ne stanno con l'astuccio incollato sopra o sotto i macigni.
Prima di essere appesa all'amo la larva di friganea va messa a nudo, e lo faremo troncando in due il tubicino che la ricopre. Ci apparirà allora un buchetto lungo circa due centimetri, giallo, con testina nera, che innescheremo da solo o in coppia.
Per l'innesco singolo, copriremo interamente l'amo, trafiggendo la larva da un'estremità all'altra; per l'innesca duplice non si fa altro che aggiungere una seconda larva sulla punta dell'amo, nello stesso modo descritto per i bigattini.
Non omettiamo di dire che il portasassi è un'esca tipica dei mesi di piena estate e che se ne fa il maggior uso per la pesca alla trota.
Nei fiumi a carattere torrentizio comunque otterremo risultati soddisfacenti anche impiegandolo alla passata per altri pesci, quali barbi, cavedani e panciuti vaironi.

Questa è un' esca estiva e la sua resa maggiore si verifica proprio nelle giornate calde e assolate. Le crisalidi si possono trovare in vendita già pronte per l'uso in tal caso inscatolate o essiccate.
Quelle essiccate vanno sottoposte a bollitura, ed occorre cuocere fino a quando non cessano di galleggiare.
È bene sapere che durante la cottura le crisalidi emanano un odore poco gradevole e difficile da togliere all'interno di un'abitazione;
Meglio quindi eseguire la bollitura all'aperto!
Richiedono pasturazione preventiva di un paio di giorni almeno e, pur essendo gradite a tutti i ciprinidi, permettono di solito la cattura di cavedani, carpe e barbi.
Pescheremo alla passata, radendo il fondo, nei giri d'acqua o in lente correnti. L'amo del caso sarà un n. 10, fine, brunito.

Si adoperano in genere quelle di pollo, per due regioni: perché sono le più facili da trovare e perché sono di larghezza ideale.
Rappresentano l'esca invernale per eccellenza e vi si insidiano particolarmente i cavedani, anche se pure le anguille le gradiscono.
Il pezzo di interiore può essere impiegato a fondo ed alla passata: col primo sistema deve essere di una lunghezza di 10-15 centimetri, col secondo invece basterà di 5 centimetri. L'innesco è un po’ elaborato; occorre infatti spingere amo e filo all'interno di questa esca tubolare, fino a che l'amo non arrivi ad un paio di centimetri dall'estremità.
Per ottenere ciò, occorre aiutarsi con un bastoncino di legno che, infisso sulla punta dell'amo, si troverà in posizione parallela al nylon.
Naturalmente ad operazione conclusa il bastoncino si sfila e si butta via.
Il pezzetto di budella inoltre, per rimanere nella posizione esatta, ha bisogno di essere fermato in alto con un cappio, fatto con la stessa lenza, uguale a quello che si fa per fissare il filo in cima al vetrino della canna fissa. Si deve badare che durante la manipolazione, le interiora non perdano tutto il contenuto che, sprigionando un forte sapore, esercita grande attrazione sui pesci.
Pescando a fondo, monteremo un amo n. 8 a gambo lungo, di tipo fine e dritto. È preferibile fine e dritto, in quanto con un'esca quasi priva di spessore e morbida, l 'amo può essere avvertito facilmente!
Per la pesca alla passata, amo con le solite caratteristiche, ma del n. 10.
Per il sistema a fondo è meglio che il fiume sia in leggera piena e porti acqua torbida; per la passata al contrario risulta proficua l'acqua chiara e di livello normale. Tra le interiora c'è un piccolo organo da tenere in massima considerazione: la milza, detta volgarmente "pallino".
Più che mai formidabile per il cavedano, la milza si inama col sistema della cucitura, vale a dire eseguendo per due o tre con l'amo lo stesso lavoro che si fa con l'ago quando si cuce. Per il pallino, amo a gambo corto, del n. 12, fine, bronzato e storto. Un amo forgiato sfalderebbe questa fragile esca. È preferibile usare la milza di pollo, nella pesca alla passata.
Sia la budella che il "pallino" necessitano di posti precedentemente pasturati con interiora grossolanamente spezzettate.

È quella che si definisce correntemente pasta nera, e permette di imbattersi, oltre che nelle carpe in tinche (come del resto la polenta di mais), cavedani e barbi, tutti di mole. La pasta di farina di crisalidi rappresenta una validissima alternativa alla polenta gialla nei mesi con caldo torrido.
Per questa esca valgono le stesse regole indicate per la polenta. Anche la preparazione è la solita: si fa bollire la farina bianca e vi si mischia poi la farina di crisalidi.

Questi altri due cereali sono per la verità assai poco impiegati nella pesca, eppure, al pari del granoturco, sono graditi dalla maggioranza dei ciprinidi.
Grano e orzo, precedentemente bolliti per ammorbidirli, permettono notevoli catture di barbi, scardole, cavedani, pighi e pesci minori, come triotti, lasche, ecc.
In genere si innescano due chicchi, a mò di bigattini, su ami n. 16-17.
La cibatura preventiva non è obbligatoria, e c'è chi pastura solo durante la pesca con qualche manciata di chicchi, comunque, abituando i pesci in precedenza si ottengono tutt'altri risultati.

La larva di rana si addice in special modo al grosso cavedano, nei mesi di luglio-agosto, quando cioè al girino sono spuntate le zampette posteriori.
Per farne una buona scorta occorre il solito retino col manico, col quale frugheremo tra la borracina nell'acqua bassa vicino a riva.
Il girino si innesca su un amo fine, brunito, a gambo corto di numero variante tra il 10 e l' 11, pungendolo dove la coda si unisce alla schiena.
È una pesca che si svolge a mezz'acqua o ad una ventina di centimetri dal fondo.
Anche l'anguilla dimostra di gradire il girino, ed in questo caso ci serviremo della normale attrezzatura da fondo.
Prima della pesca conviene preparare un po' il posto col lancio in acqua di poche manciate di girini moribondi o addirittura morti.

Per essere usata come esca, la frutta deve essere molto matura, perciò, di qualsiasi specie essa sia, avremo sempre a che fare con un boccone fragile. L' albicocca ed il fico, sbucciati, sono estremamente morbidi e perché reggano in fondo alla lenza, dopo averne fatti pezzi lunghi 4 o 5 centimetri, larghi 2, occorre passarci dentro l'amo tre volte, facendolo entrare ed uscire. Si usa cioè il metodo della cucitura, che abbiamo già visto per la milza di pollo.
Inoltre si deve lanciare con attenzione, evitando gli scatti bruschi, altrimenti i pezzi del frutto finiranno per terra, dietro le nostre spalle.
Gli ami saranno del n. 9 a gambo corto, fini, di colore bianco per il fico e dorato per l'albicocca.
Altro frutto eccellente per la pesca è la ciliegia. E' preferibile innescarne metà su un amo brunito, dello stesso tipo indicato sopra.
Per appendere all'amo il mezzo frutto, prima lo si trafigge dall'esterno verso
l'interno, facendo uscire l'amo dall'incavo che ospitava il nocciolo, poi si rinfila l' amo nella polpa interna e lo si fa risbucare fuori.
L' uva si innesca in maniera meno laboriosa. Si spinge la curva dell'amo nel foro del chicco fino a sfondare la parte interiore; dopodiché si infila la punta nella buccia.
Logico che stavolta occorre un amo a gambo lungo, e lo sceglieremo della misura 8-9, fine e bronzato.
Le more, sia di rovo che di gelso, danno ottimi risultati nei tratti di fiume con vegetazione a ridosso, dove qualche mora può finire in acqua naturalmente.
Innescheremo more intere su ami n. 9-10-11, a seconda delle dimensioni del frutto, fini, scuri, a gambo corto.
La bacca di sambuco rappresenta un ulteriore asso nella manica per la pesca alla passata in correnti non troppo veloci! Se ne innescano due o tre nere "palline" su amo del n. 10.
Chiudiamo il discorso frutta con l'arancia, fantastica esca invernale. E' l'unico frutto con cui si peschi in inverno, e se ne innesca mezzo spicchio alla volta, dopo averlo in parte sbucciato.
Si usano per l'occasione ami dorati n. 9-10.
La frutta va considerata esca quasi esclusiva per il cavedano, e, come la maggior parte delle esche non vive, richiede una pasturazione da eseguirsi almeno due giorni prima della pesca.

Appartiene all'ordine degli imenotteri, ed ha dimensioni assai maggiori rispetto alle altre formiche.
Trascorre la sua vita in colonie, nelle cavità dei tronchi degli alberi.
A trovare il bosco col tronco giusto, potremmo dirci piuttosto fortunati, poiché la ricerca non è delle più facili.
Se dovessimo avere questa fortuna, ricordiamoci che, dopo aver raccolto formiche in abbondanza, è necessario saperle mantenere efficienti, cioè ben vive e con le ali!
Le ali infatti rappresentano la maggior attrattiva per il cavedano, specie ittica cui questa esca è destinata.
A tale scopo, terremo le formiche alate nella parte bassa del frigorifero, racchiuse in barattoli metallici col coperchio forato, insieme con pezzi del loro legno e molliche di pane inumidite.
La formica alata si può usare tutto l'anno, con punte di maggior profitto in autunno e primavera. Si innesca, pungendola leggermente sulla schiena, davanti alle ali, con un amo n. 13-14, fine, brunito, a gambo corto.